Art. 2087 c.c. e whistleblowing

La recente normativa in materia di whistleblowing introdotta nel nostro ordinamento con la Legge n. 179/2017 ha, come noto, modificato sia l’art. 54 bis del D.Lgs. n. 165/2001 (TUPI), sia l’art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001, cui è stato aggiunto il comma 2 bis in materia di impiego privato.

In particolare, la tutela di colui che segnala illeciti nell’interesse dell’integrità dell’Ente per il quale lavora, ha determinato nell’impiego privato l’innesto della relativa disciplina all’interno di quella più ampia introdotta nel 2001 relativamente alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.

            Il comma 2 bis dell’art. 6, D.Lgs. n. 231/2001, così come introdotto dall’art. 2, Legge n. 179/2017, prevede che chi segnali dettagliatamente illeciti posti in essere in danno dell’integrità dell’Ente dai soggetti apicali dello stesso, fornendo circostanze precise e concordanti, goda del diritto a rimanere anonimo, con conseguente nullità di tutti quegli atti organizzativi che fossero in ipotesi adottati nei suoi confronti quale ritorsione (licenziamento, trasferimento, mutamento di mansioni, ecc.).

            Per assicurare la riservatezza del segnalante, gli Enti privatistici si devono dotare, nell’ambito delle procedure di gestione e organizzazione adottate ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 – per non incorrere nell’eventuale responsabilità per reati commessi dai propri vertici nell’interesse e in favore dell’Ente medesimo – di specifici canali che garantiscano l’anonimato del segnalante anche attraverso la predisposizione di appositi strumenti informatici.

            La condizione per accedere a dette tutele, per il segnalante, dunque, è quella di effettuare segnalazioni dettagliate relative a illeciti in danno all’integrità dell’Ente, basate su circostanze precise e concordanti, commessi dai soggetti di cui al comma 1 dell’art. 5, D.Lgs. n. 231/2001 cit..

            In altri termini, il segnalante deve essere un soggetto sottoposto al controllo e al coordinamento dei vertici aziendali.

            Diversamente, segnalazioni generiche o, addirittura, infondate effettuate con dolo e colpa grave, non solo possono determinare l’irrogazione di sanzioni disciplinari nei confronti del segnalante, ma non ne comportano la tutela dell’anonimato, con la conseguenza che eventuali atti organizzativi posti in essere nei suoi confronti non saranno assistiti dalla presunzione di nullità per la loro natura ritorsiva.

            Il rispetto di tali coordinate da parte dell’Ente risulta fondamentale per evitare di esporre l’impresa ad eventuali profili di responsabilità verso il segnalato ingiustamente accusato e la cui reputazione è stata, per certi versi, compromessa dalla segnalazione medesima.

            In questi casi il segnalato, ingiustamente accusato, potrebbe far valere, nei confronti del proprio datore di lavoro, il suo diritto all’integrità fisica e morale secondo quanto previsto dall’art. 2087 c.c., per avere l’impresa, magari, approntato dei canali di denuncia inidonei a filtrare segnalazioni generiche e/o comunque non pertinenti alla commissione degli illeciti di cui al D.Lgs. n. 231/2001 e dei relativi modelli di gestione e organizzazione.

            Per tale ragione le segnalazioni completamente anonime e, dunque, non di soggetto di cui si conoscono le generalità ma si protegge l’anonimato, potrebbero ancor più esporre l’impresa ai profili di responsabilità di cui all’art. 2087 cit. verso il segnalato ingiustamente, non potendo rifarsi in alcun modo nei confronti di un segnalante di cui non si conoscano le generalità.

            Del pari, anche nei confronti del segnalante potrebbe essere invocata la tutela di cui all’art. 2087 c.c. in quelle ipotesi residuali in cui, magari, dalla violazione dell’anonimato possano derivare una serie di ripercussioni che, pur non integrando degli atti organizzativi e gestionali ritorsivi, ugualmente potrebbero essere idonei a ledere l’integrità fisica e morale del soggetto.

            Si pensi, ad esempio, ad eventuali condotte mobbizzanti che, pur non rilevando come illeciti prese singolarmente, tuttavia potrebbero costituire un disegno complessivo volto ad emarginare la risorsa dalla compagine aziendale al fine di ottenerne l’estromissione volontaria.

            In conclusione, appare fondamentale la corretta predisposizione dei canali di segnalazione nell’ambito delle procedure organizzative e gestionali, proprio per evitare il più possibile che si verifichino danni al segnalante e al segnalato.