Licenziamento individuale

Trib. Sassari, 9 maggio 2018 (ord.), Est. Adami

Licenziamento individuale – Impugnazione –  Tutela obbligatoria -Rito “Fornero” – Applicabilità – Nullità per motivo illecito – Abuso del diritto – Insussistenza –  Giustificato motivo oggettivo – Fondatezza

 

           ‘E legittimo il licenziamento per g.m.o. che si ponga in termini di riferibilità e coerenza con la dedotta ristrutturazione aziendale, dovendosi, di contro, escludere la ricorrenza del motivo illecito, che,  in quanto unico e determinante, non può coesistere con una giusta causa o un giustificato motivo la cui ricorrenza e fondatezza siano state accertate in corso di causa.

 

Il fatto: Nel caso di specie, una Società rilevava, ex art. 2112 c.c., la gestione di un cinema, assumendo tutto il personale impiegato dal cedente, che consisteva di poche unità, tra le quali spiccava un’unica risorsa inquadrata in una posizione  apicale rispetto alle altre. La società cessionaria, dovendo affrontare degli ingenti esborsi per la ristrutturazione dell’immobile, al fine di trasformarlo una multisala, decideva dopo circa un anno e mezzo dall’acquisizione, di licenziare per giustificato motivo oggettivo la risorsa apicale – nel frattempo, peraltro, assentatasi per malattia per circa sei mesi continuativi, risultando la più costosa e la meno utile, viste le ridotte dimensioni aziendali che ben consentivano una ridistribuzione delle mansioni del licenziato tra l’Amministratore e gli  altri dipendenti rimasti in servizio. Il lavoratore impugnava il licenziamento, incardinando il rito cd. “Fornero”, ancorché risultasse applicabile la tutela obbligatoria, contando l’impresa meno di 15 dipendenti, sul presupposto che il licenziamento fosse nullo, per motivo illecito, dovuto ad “abuso del diritto”, sostanziatosi, a detta del ricorrente, in una serie di condotte volte a dequalificarlo e a emarginarlo, con conseguente applicazione dell’art. 18, commi 1 e 2, l. n. 300/70. Costituitasi ritualmente in giudizio la Società, il Tribunale, espletata la prova testimoniale, rigettava il ricorso, condannando il lavoratore alla rifusione delle spese di lite, ritenendo dimostrata la ricorrenza e la fondatezza del giustificato motivo oggettivo addotto dalla società convenuta.

Il Commento: La sentenza del Tribunale di Sassari si conforma all’oramai consolidato orientamento della Suprema Corte, a mente del quale: “in caso di licenziamento discriminatorio, la nullità opera obiettivamente in ragione del trattamento deteriore riservato al lavoratore, quale effetto della sua appartenenza alla categoria protetta e a prescindere dalla volontà illecita del datore di lavoro. Nell’ipotesi di licenziamento ritorsivo, invece, non solo il recesso deve essere ingiustificato, ma è necessario che il motivo che si assume illecito sia stato anche l’unico determinante (Cass. Sez. Lav.,  9 giugno 2017, n. 14456, conf. tra le molte: Trib. Milano, 6 febbraio 2017, n. 3339).

          In particolare, il Trib. di Sassari ha correttamente ritenuto che la prova della sussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento, raggiunta in giudizio, in termini di coerenza e riferibilità tra la seria ragione economica addotta e  e il licenziamento irrogato, escludesse di per sè la ricorrenza di un motivo illecito, che, come visto, per rendere nullo il licenziamento, deve essere il solo ad aver determinato la volontà imprenditoriale di licenziare, oltre a dover essere determinante; a nulla rilevando le allegazioni del lavoratore, peraltro tutte confutate in sede d’istruttoria, volte ad affermare che vi sarebbe stato un preciso intento di demansionarlo ed estrometterlo dalla compagine aziendale.

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